Il modo in cui gli egiziani riuscirono a costruire le Piramidi è uno dei più grandi misteri dell’archeologia moderna.
Su questo tema si sono confrontati scienziati, ingegneri, archeologi, amanti del mistero e semplici curiosi. L’aspetto più singolare, ed al contempo per così dire inquietante, riguarda le modalità con cui sarebbero stati trasportati enormi blocchi di pietra nel deserto, fatto di estrema difficolta’ anche per i tempi moderni. E ciò benchè oggi, a differenza del passato, possiamo avvalerci di macchinari sofisticati e tecnologie moderne. Costruire una Piramide oggi sarebbe impresa di difficoltà epocale. Quanto meno, costruirla con le identiche caratteristiche ed i materiali utilizzati dagli egizi.
Per questo motivo, i cultori del mistero, diradando ogni dubbio, hanno indugiato sulla tesi dell’intervento di civiltà extraterrestri che, attraverso tecnologie di teletrasporto, avrebbero reso possibile l’edificazione di questi incredibili monumenti. Altre volte, si è fatto riferimento a popolazioni di uomini giganti (umani o semi-dei) in grado di trasportare e collocare i megaliti.
Il problema di fondo, peraltro, è che fino ad ora non è stato trovato alcun documento che descrive le modalità di trasporto e costruzione o le tecniche ingegneristiche utilizzate. Questa omissione è stata frutto di numerose speculazioni, anche ardite. Per quale motivo il popolo egizio ha occultato le proprie tecniche di costruzione? Si trattava di metodologie segrete che non potevano essere divulgate? E se si, per quale ragione tali documenti non sono stati conservati all’interno delle Piramidi, luoghi ove invece sono stati riposti i testi esoterici della cultura egizia? Infine, per quale motivo non è stata reperita alcuna documentazione attinente all’interno delle sepolture segrete, nei sarcofagi o nelle camere mortuarie, degli ingegneri egizi?
Recentemente, un team olandese ha cercato di ribaltare queste sollecitazioni proponendo una tesi “realistica” e basata su riscontri di tipo obiettivo che, a loro dire, potrebbe fare definitiva chiarezza sulle citate tecniche di trasporto.
La risposta risiederebbe in un dipinto ritrovato sul muro della tomba di Djehutihotep (vissuto intorno al 2000 A.C.). L’opera in geroglifici rappresenta una grande statua di pietra poggiata su un blocco rettangolare e stretta da corde. Dinanzi, una moltitudine di schiavi che reggono un’altra corda attaccata alla base. Sul blocco, si vede un uomo (operaio?) che sembra versare acqua sulla sabbia.
In sostanza, secondo gli studiosi olandesi, i blocchi di pietra venivano estratti dalle cave e trasportati dagli schiavi nel deserto, utilizzando un sistema di funi ed umidificando il percorso per ridurre l’attrito. Gli stessi studiosi, infatti, avrebbero dimostrato che la sabbia bagnata riduce l’attrito del 50%.
Bene, a questo punto il sistema di costruzione delle piramidi sarebbe stato finalmente svelato? A nostro avviso per nulla.
Prima di tutto, il dipinto in argomento si riferisce al trasporto di una statua. Ne deduciamo che il percorso doveva riguardare un breve tragitto (probabilmente per collocarla in un palazzo reale, nella dimora di qualche personaggio importante od in un luogo pubblico. Il sistema di trasporto è coerente solo per brevi percorsi. Ma, che dire del trasporto di centinaia di migliaia di megaliti (ciascuno del peso di diverse tonnellate) e per lunghissime distanze (dalle cave, per il deserto, fino ai luoghi di costruzione) ? In questo caso, inoltre, sarebbero stati necessari quantitativi d’acqua inimmaginabili e di cui gli operai avrebbero avuto bisogno per tutto il tragitto (il deserto è arido e non ha fonti idriche disponibili). Tranne a voler immaginare un flusso d’acqua continuo (fatto contraddetto dal dipinto) e tecnicamente impossibie anche oggi.
Insomma, la tecnica di costruzione delle piramidi resta ancora un mistero irrisolto.