La storia di Veronica Cibo è fatta di gelosia, tradimenti e morte. Quando scoprì che il marito Iacopo Salvati la tradiva con una giovane ragazza, uccide la sua amante e, per vendetta, ne fa recapitare la testa mozzata al consorte.
In conseguenza dell’atroce e crudele delitto, Veronica Cibo viene confinata in una grande villa, in cui le sono vietati contatti con il mondo esterno. Questa struttura, negli anni successivi, verrà adibita a nosocomio e diverrà l’Ospedale di Figline Valdarno. Personale medico e numerosi pazienti dell’ospedale riferiscono di aver visto lo spirito del fantasma di una donna aggirarsi nella parte più antica e nascosta della struttura. La descrizione resa dai testimoni coincide con l’immagine conosciuta di Veronica Cibo.
Veronica nacque a Massa di Lunigiana nel 1611. Proveniva da una famiglia nobile e di alto lignaggio. Le cronache del tempo riferiscono che Veronica aveva un carattere difficile e non fosse particolarmente bella. Tuttavia, in virtù di giochi di “corte”, venne promessa e poi data in sposa a Iacopo Salvati, consigliere del Granduca Ferdinando II.
Salvati, uomo potente e di bell’aspetto, amava la bella vita e frequentava molte donne. In sintesi, era quello che oggi potremmo definire un vivier o donnaiolo. In un locale notturno, incontra una bellissima ragazza, Caterina Canacci, di cui si infatua e si innamora. La Canacci, peraltro, vive in una abitazione poco distante da quella del Salvati, circostanza che renden più agevole i loro incontri amorosi.
Veronica Cibo scopre presto la relazione adulterina e comincia a meditare vendetta. Per prima cosa, avverte la rivale in amore, incontrandola nella chiesa di San Pier Maggiore, ma Caterina le ride in faccia e la sberleffa, mandandola su tutte le furie ed alimentando un odio ancora più profondo.
La Cibo è ormai determinata ad uccidere la rivale. In un primo momento, cerca di avvelenarla, ma il tentativo fallisce. A quel punto, si rivolge a dei sicari professionisti, ottenendo l’insperata collaborazione di tale Barolomeo, figliastro di Caterina Canacci. Questa volta, l’azione raggiunge il risultato voluto.
Bartolomeo giunge a casa della matrigna in compagnia dei sicari. La serva, riconoscendolo, lo lascia entrare senza problemi.
Varcata la soglia di casa, Bartolomeo uccide Caterina e quindi una serva che aveva assistito al delitto. Poi fa a pezzi entrambi i corpi.
Con macabro rituale, teso ad occultare l’omicidio, i resti dei cadaveri vennero sparsi per Firenze: alcuni in un pozzo, altre parti nelle fognature ed altri pezzi nell’Arno. Tutto, tranne la testa di Caterina, che viene messa in una cesta.
Entra in scena Veronica, la quale ordina che la testa della Canacci venga recapitata al marito. Non appena Iacopo Salvati vede il contenuto della cesta, inorridisce e cerca di rintracciare i colpevoli, essendo consapevole che l’atroce delitto sia stato ordito dalla moglie.
Bartolomeo ed i fratelli vengono catturati e messi sotto tortura. L’uomo, alla fine, confesserà e verrà condannato a morte, venendo decapitato davanti al Bargello, mentre i complici saranno incarcerati.
Resta la posizione di Veronica che, appartenendo ad una famiglia troppo potente, non viene arrestata, e sceglie l’esilio volontario nella Villa San Cerbone, che oggi è l’ospedale Serristori di Figline Valdarno.
Si dice che il fantasma di Veronica infesti l’ospedale e molti pazienti e infermieri giurano di avere visto la figura di una donna vestita di bianco che sparisce poco dopo essere vista.
Durante dei lavori è persino apparsa una strana orma su un muro appena ridipinto e la gente del posto non ha dubbi: è stata Veronica a lasciarla.
Il suo spirito si manifesta soprattutto durante i mesi estivi e nei giorni dopo Natale, preferendo l’ala più antica del palazzo, corrispondente agli uffici amministrativi.
Nell’ospedale è persino presente una targa commemorativa.