Il mistero della scomparsa di Ettore Majorana

Il mistero della scomparsa di Ettore Majorana
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LA MISTERIOSA SCOMPARSA DEL PIU’ GRANDE FISICO TEORICO DEL ‘900.

Ettore Majorana era nato a Catania il 5 agosto del 1906, da Fabio Massimo Majorana e Dorina Corso. Apparteneva ad una delle più importanti famiglie della città siciliana.

Ettore era il quarto di cinque fratelli che si distinsero tutti in diversi settori professionali: giurisprudenza, ingegneria, musica e politica.

Quirino, zio di Ettore, divenne un apprezzato fisico sperimentale (negli anni 30 scrisse alcuni articoli in cui contestava la  teoria della relatività di Einstein).

Un altro zio, Dante Majorana,  divenne rettore dell’Università di Catania. Il nonno Salvatore fu deputato della Repubblica e ricoprì la carica di Ministro dell’Agricoltura, dell’Industria e del Commercio durante il governo Depretis.

Fin da bambino, Ettore mostrò di possedere tutte le qualità per diventare un brillante matematico o  fisico teorico.

Era dotato di una intelligenza eccezionale e prodigiosa. A cinque anni calcolava a mente le quantità di carbone occorrente per consentire ad una nave di percorrere un determinato tragitto.

All’età di sette anni divenne campione provinciale di scacchi. A nove anni, nascosto sotto il tavolo del salotto, dava spettacolo, comunicando in pochissimi secondi il risultato di complesse operazioni matematiche ed equazioni. Lo zio Quirino, brillante docente di fisica, ne restava divertito e stupito.

Seguì le scuole elementari ed il Ginnasio a Roma presso il collegio gesuitico  “Massimiliano Massimo”. Nel 1923 conseguì la maturità classica presso l’istituto statale “Torquato Tasso”.

Finito il liceo si iscrisse alla facoltà di Ingegneria e, tra i suoi colleghi, vi erano Enirco Volterra ed Emilio Segrè. Quest’ultimo, terminato il quarto anno di ingegneria, decise di passare a Fisica.

Segrè aveva notato le eccezionali qualità di Majorana e, per convincerlo a passare a Fisica, organizzò un incontro con Enrico Fermi (che, ancora 26 enne, era stato nominato docente di Fisica Teorica all’Università di Roma).

L’incontro tra Ettore Majorana ed Enrico Fermi è stato raccontato da Edoardo Amaldi, che vi assistette personalmente e lo descrisse nel modo seguente “… Egli venne all’Istituto di via Panisperna e fu accompagnato da Segrè nello studio di Fermi ove si trovava anche Rasetti. Fu in quell’occasione che io lo vidi per la prima volta. Da lontano appariva smilzo, con un’andatura timida, quasi incerta; da vicino si notavano i capelli nerissimi, la carnagione scura, le gote lievemente scavate, gli occhi vivacissimi e scintillanti: nell’insieme, l’aspetto di un saraceno…”.

Leonardo Sciascia in “La scomparsa di Majorana” aggiunge che “Fermi lavorava allora al modello statistico dell’atomo che prese in seguito il nome di Thomas-Fermi. Il discorso con Majorana cadde subito sulle ricerche in corso all’Istituto e Fermi espose rapidamente le linee generali del modello, mostrò a Majorana gli estratti dei suoi recenti lavori sull’argomento e, in particolare, la tabella in cui erano raccolti i valori numerici del cosiddetto potezionale universale di Fermi. Majorana ascoltò con interesse e, dopo aver chiesto qualche chiarimento, se ne andò senza manifestare i suoi pensieri e le sue intenzioni. Il giorno dopo, nella tarda mattinata, si presentò di nuovo all’Istituto, entrò diretto nello studio di Fermi e gli chiese, senza alcun preambolo, di vedere la tabella che gli era stata posto sotto gli occhi per pochi istanti il giorno prima. Avutala in mano, estrasse dalla tasca un fogliolino su cui era scritta un’analoga tabella da lui calcolata a casa nelle ultime ventiquattro ore. Confrontò le due tabelle e, constatato che erano in pieno accordo fra loro, disse che la tabella di Fermi andava bene e, uscito dallo studio, se ne andò dall’Istituto…Majorana era quindi tornato non per verificare se andava bene la tabella da lui calcolata nelle ultime 24 ore, bensì per verificare se fosse esatta quella di Fermi“.

Questo episodio, da solo, è sufficiente a raccontare l’eccezionale genialità di Ettore che, appena 21 enne, dimostra di essere quasi superiore a Fermi essendo in grado gareggiare ad “armi” pari e addirittura di “batterlo”, sia nel campo della fisica teorica che nei calcoli matematici.

Le testimonianze dirette (ad esempio Segrè, Amaldi) lo descrivono come uno spirito riservato, dotato di capacità intellettive uniche al mondo e di grande vis polemica. Sovente, nel corso delle elezioni ad Ingegneria e Fisica, correggeva i professori e ne contestava apertamente la preparazione.

Il Prof. Orso Mario Corbino (in quel periodo Magnifico Rettore dell’Università di Roma) lo definì (ancora studente) “Il primo fisico d’Europa“.

Ettore Majorana aveva una mente in fermento ed in continua attività. La moglie di Fermi (Laura) racconta che Ettore scriveva appunti ovunque e nelle circostanze più disparate (mentre camminava, in tram, durante una conversazione). Spesso accadeva che, posto un problema, si fermasse di colpo, fumando l’ennesima sigaretta e cominciasse a scarabocchiare formule matematiche sul retro del pacchetto o su una scatola di cerini.

Questo un breve ricordo di Laura FermiMajorana aveva però un carattere strano: era eccessivamente timido e chiuso in sé. La mattina, nell’andare in tram all’Istituto, si metteva a pensare con la fronte accigliata. Gli veniva in mente un’idea nuova, o la soluzione di un problema difficile, o la spiegazione di certi risultati sperimentali che erano sembrati incomprensibili: si frugava le tasche, ne estraeva una matita e un pacchetto di sigarette su cui scarabocchiava formule complicate. Sceso dal tram se ne andava tutto assorto, col capo chino e un gran ciuffo di capelli neri e scarruffati spioventi sugli occhi. Arrivato all’Istituto cercava di Fermi o di Rasetti e, pacchetto di sigarette alla mano, spiegava la sua idea“.

Il suo carattere, timido e riservato, lo portava a non esporsi ed a non pubblicare il frutto delle sue ricerche. In alcune circostanze, lo stesso Fermi cercò di spingerlo a pubblicare i suoi lavori ma Majorana rispondeva che non c’era ragione per farlo e che si trattava di roba da bambini.

Molti dei suoi lavori, delle sue intuizioni e folgorazioni finivano nel nulla.

Spesso e volentieri, dopo avere scritto una formula o un’annotazione su un foglio o un pacchetto di sigarette (fumava le sigarette “Macedonia“), lo accartocciava e lo gettava nel cestino dei rifiuti.

Enrico Fermi ricordò di aver visto Ettore Majorana cestinare il pacchetto Macedonia su cui aveva annotato la stessa formula matematica con cui, un anno dopo, Werner Heisenberg vinse il Premio Nobel per la Fisica.

Un episodio simile tornò alla mente nel 1957 quando i fisici cinesi Yang e Lee vinsero il Premio Nobel per i loro studi sulle particelle elementari. Ci si accorse, in ritardo, che quella teoria era stata elaborata 30 prima da Ettore Majorana.

Nel 1930 Majorana entrò a far parte del famoso gruppo di Via Panisperna, un laboratorio di Fisica istituito da Corbino ed in cui si svolgevano rudimentali esperimenti sull’atomo. Del gruppo, poi diretto da Fermi, facevano parte (oltre Majoarana) anche Bruno Pontecorvo, Emilio Segrè, Edoardo Amaldi e Franco Rasetti.

Nel 1933 si recò in Germania, per collaborare con il dipartimento di Fisica diretto da Heisenberg, da cui fu positivamente colpito e che considerava uno degli scienziati più importanti del secolo.

Nel 1935 si reca a Copenaghen, dove conosce Niels Bohr, C.Moller, Rosenfield e George Placzek.

In quel periodo rifiutò la cattedra che lo avrebbe visto docente di fisica all’Università di Cambridge e di Yale.

Tuttavia, nel 1937 accettò la cattedra di Fisica Teorica all’Università di Napoli. Cattedra che gli venne attribuita “fuori concorso” e per “grandi meriti“, con una procedura eccezionale che, fino ad allora, era stata applicata solo nei riguardi di Guglielmo Marconi.

L’istituto era diretto dal Prof. Antonio Carrelli, con cui Majorana sviluppò rapporti cordiali ed una sincera amicizia.

LA SCOMPARSA

Il 25 Marzo del 1938, Majorana ritira tutti gli stipendi ed arretrati (una somma corrispondente a circa 10 mila dollari di oggi) e s’imbarca su un piroscafo della società Tirrenia diretto da Napoli a Palermo.

Il giorno stesso, prima di partire, aveva scritto la seguente lettera a CarrelliCaro Carrelli, ho preso una decisione che era ormai inevitabile. Non vi è in essa un solo granello di egoismo, ma mi rendo conto delle noie che la mia improvvisa scomparsa potrà procurare a te e agli studenti. Anche per questo ti prego di perdonarmi, ma soprattutto per aver deluso tutta la fiducia, la sincera amicizia e la simpatia che mi hai dimostrato in questi mesi… Ti prego anche di ricordarmi a coloro che ho imparato a conoscere e ad apprezzare nel tuo Istituto…; dei quali tutti conserverò un caro ricordo almeno fino alle undici di questa sera, e possibilmente anche dopo“.

Non sappiamo per quale ragione Majorana intendeva recarsi a Palermo e cosa fece durante il soggiorno nel capoluogo siciliano.

Sappiamo solo che il 26 Marzo 1938 Ettore e’ a Palermo e che da qui’ invia un telegramma ed imbuca un’altra lettera diretta a Carrelli.

Nel telegramma, Majorana invitava Carrelli a non tener conto di quanto scritto nella lettera del 25 Marzo.

Nella missiva, invece, scrive testualmente ” Caro Carrelli, Spero che ti siano arrivati insieme il telegramma e lettera. Il mare mi ha rifiutato e ritornerò domani all’albergo Bologna, viaggiando forse con questo stesso foglio. Ho però intenzione di rinunziare all’insegnamento. Non mi prendere per una ragazza ibseniana perché il caso è differente. Sono a tua disposizione per ulteriori dettagli“.

Da notare che, sempre il 25 Marzo, aveva indirizzato ai familiari una lettera in cui si esprimeva con i seguenti termini “Ho un solo desiderio: che non vi vestiate di nero. Se volete inchinarvi all’uso, portate pure, ma per non più di tre giorni, qualche segno di lutto. Dopo ricordatemi, se potete, nei vostri cuori e perdonatemi“.

Da questo momento, di Ettore Majorana non si sa’ piu’ nulla.

Alla fine degli anni ’90, Gilda Senatore (alunna di Majorana) ha reso una importantissima ed inedita testimonianza. Riferì che il 24 Marzo 1938 (il giorno prima della scomparsa) Majorana, sebbene non fosse il suo giorno di lezione, si recò all’Istituto di Fisica. In quella circostanza, nel corridoio antistante l’aula, il Prof. Ettore Majorana chiamò la Senatore e le consegnò una cartelletta contenente numerosi appunti, articoli e vario materiale di carattere scientifico, dicendo “Tenga queste carte, poi ne parleremo“.

Di questo materiale non si è saputo più nulla. La Senatore, mesi dopo, consegnò la cartelletta al Dott. Cennamo (che poi divenne suo marito) il quale, a sua volta, la consegnò al direttore dell’Istituto di Fisica. I documenti,  inspiegabilmente, furono smarriti, forse persi nei meandri della burocrazia.

La stessa Gilda Senatore, in una successiva intervista, si dice fermamente convinta che Majorana non sia suicidato ma abbia organizzato in modo scientifico la sua scomparsa.

Sulla scomparsa di Majorana furono allertati i più alti vertici dello Stato. Enrico Fermi sollecitò Mussolini, scrivendo “Non esito a dichiarare che, fra tutti gli studiosi italiani e stranieri, Majorana è quello che per profondità d’ingegno mi ha maggiormente colpito. Egli ha al massimo grado quel raro complesso di attitudini che formano il fisico teorico di gran classe“.

Il Duce attivò immediatamente le ricerche ma Majorana non fu mai trovato. Le indagini consentirono di acquisire qualche testimonianza, tra cui quella del Prof. Vittorio Strazzeri (che la notte del 26 Marzo si trovava nella stessa cabina prenotata da Majorana, sul piroscafo della tratta Palermo-Napoli).

Strazzeri riferì che nella cabina si trovavano altri due uomini, uno di nazionalità straniera e dall’evidente accento inglese, l’altro dal linguaggio elegante e con percettibile accento meridionale.  Probabilmente, si trattava proprio di Ettore Majorana.

A parte questa dichiarazione, non si ha alcuna testimonianza diretta del suo effettivo arrivo a Napoli. Da quel giorno si e’ persa ogni traccia.

Su Majoarana ha scritto, prima di tutti, Leonardo Sciascia che, in “La scomparsa di Majorana” avanza la tesi che il giovane fisico abbia organizzato scientificamente la sua scomparsa, terrorizzato dalle sue rivoluzionarie scoperte sulla fissione nucleare e dalle conseguenze che avrebbero avuto per il destino del genere umano.

Majorana, secondo Sciascia, si sarebbe ritirato in meditazione in un convento del sud italia.

Erasmo Recami (biografo ufficiale di Majorana) ha raccolto e portato alla luce nuovi indizi. I più importanti, lo davano presente a Buenos Aires (in Argentina) negli anni ’60, dove sarebbe stato un assiduo frequentatore delle sorelle Manzoni (discendenti del famosissimo romanziere italiano) e di Tuglio Magliotti (un ingegnere argentino antiperonista). Sempre a Buenos Aires sarebbe stato riconosciuto dal cameriere di un notissimo ristorante della città e da personale in servizio al noto Hotel Continental.

Recentemente, il sostituto procuratore di Roma Pierfilippo Laviani ha riaperto le indagini sulla scomparsa. L’input è stato dato dalle dichiarazioni rese da un telespettatore nel corso della trasmissione “Chi l’ha visto“.

Il testimone ha riferito si avere lavorato in Argentina negli anni ’60, dove avrebbe conosciuto tale Sig. Bini, dal carattere estremamente chiuso e riservato. Il Sig. Bini aveva l’abitudine di scrivere continuamente appunti e formule matematiche su pezzetti e fogli di carta. Quando il testimone, incuriosito, chiese ad alcuni amici informazioni sulla identità del Sig. Bini, gli venne risposto che si trattava di uno scienziato fuggito dall’Italia negli anni ’30 e che si chiamava Majorana.

E’ stata prodotta anche una fotografia, esaminata dal Ris di Roma. Il risultato è confortante. La fotografia coincide perfettamente con in tratti somatici di Majorana ed è compatibile con il profilo antropometrico del padre Fabio Massimo.

Le verifiche tendono ad individuare la tomba del Sig. Bini, in Argentina, per effettuare l’esame genetico.

Ma le indagini e le ricerche non sono andate oltre, vuoi per le consistenti difficoltà burocratiche vuoi per la reticenza ed il riserbo dimostrato da molti testimoni.

Resta il fatto che le teorie di Majoarana, a distanza di 70 anni dalla sua scomparsa, sono sempre al centro di studi ed approfondimenti da parte degli scienziati di tutto il mondo. Alcune delle sue teorie precorrono i tempi ed anticipano di 50 anni le scoperte scientifiche.

Basti pensare al famoso “neutrino di Majorana”  ed agli studi recentemente condotti per individuare la c.d. “particella di Dio” nel laboratorio del Gran Sasso.

Nessuno meglio di Fermi ha descritto la grandezza di Majorana: “Al mondo ci sono grandi studiosi che, con il loro impegno quotidiano, contribuiscono al progresso della scienza. Vi sono, poi, fisici di primo rango, che con il loro studio e la loro passione sono in grado di scoprire  anche leggi fondamentali. Vi sono, infine, i geni come Galileo e Newton. Ecco, Majorana era uno di questi. Possedeva quello che nessuno al mondo ha la fortuna di avere, ma gli mancava quello che tutti hanno, il semplice buon senso“.

BREVI CONSIDERAZIONI SULLA SCOMPARSA DI MAJOARANA

Sulla scomparsa di Majorana possono essere, sostanzialmente, formulate tre ipotesi

1) IPOTESI DEL SUICIDIO

L’ipotesi del suicidio si basa sul contenuto delle lettere inviate a Carrelli ed ai familiari il giorno della scomparsa, dove Majorana lascia trasparire il proposito suicidiario, scegliendo il mare come soluzione estrema. Allo stesso modo, quando invita i familiari a ricordarlo ed a non portare segni di lutto (implicitamente evocando la morte).

Il significato delle due diverse missive a Carrelli (quella del 26 e quella del 27, in cui lo informa che sta’ per rientrare a Napoli) potrebbe alludere ad un ripensamento o ad un qualche ostacolo sopravvenuto che abbia impedito ad Ettore di perpetrare il suicidio durante la traghettata notturna del 26 (sulla tratta Napoli-Palermo).

L’idea dell’impedimento (piu’ che del ripensamento) puo’ trasparire dalla proposizione “Il mare mi ha rifiutato“. Ettore non fa’ discendere il mancato evento da un suo autonomo atto di volonta’ (ovvero “Ho rifiutato il mare”) ma da un agente esterno che si e’ inesorabilmente frapposto al suo intento.

Quella condizione fatale, terribilmente esogena, lo avrebbe indotto al ripensamento, immediatamente comunicato a Carrelli.

Tuttavia, quel che Ettore Majorana non ha potuto realizzare nel viaggio di andata ha poi concretato nel viaggio di ritorno (da Palermo a Napoli), forse agevolato da circostanze piu’ propizie e da pensieri piu’ determinati e consapevoli.

2) IPOTESI DELLA SCOMPARSA SCIENTIFICAMENTE ELABORATA

L’ipotesi del suicidio non appare ragionevolmente condivisibile per numerosissime contraddizioni e discrepanze.

In primo luogo, Ettore, una settimana prima della scomparsa ritira tutti gli stipendi arretrati (una somma corrispondente a circa 10 mila euro di oggi). Nessun suicida si preoccuperebbe, prima della sua morte, a recuperare una qualche disponibilita’ economica.

Allo stesso modo, Majorana porto’ con se’ il passaporto (che non fu mai ritrovato tra i suoi effetti personali).

Ma vi e’ una ragione ancora piu’ sottile e profonda.

L’ipotesi del suicidio impone che Majorana abbia scelto il mare come soluzione estrema.

L’unica ragione per cui, una mente brillante e razionale come la sua poteva optare per questa scelta e’ di impedire il ritrovamento del suo corpo. Le diverse fasi della scomparsa mostrano una lucidita’ consapevole, un percorso ragionato, costituito di missive e messaggi precisi, non esagitati ne’ concitati.

Tuttavia, proprio in virtu’ del tipo di scelta evocata (il mare come luogo di morte volontaria) e’ assolutamente implicito escludere il suicidio effettivo. Ettore Majoarana non avrebbe mai scelto il mare e quella metodologia, per il semplice fatto che quella metodologia non escludeva ma anzi (al contrario) rendeva estremamente probabile il ritrovamento del suo corpo. Un corpo in mare prima o poi torna in superficie, e’ visibile, lascia traccia.

Continua….


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