BOLOGNA. 13 Giugno 1983. Francesca Alinovi, giovane e stravagante critica d’arte del DAMS, viene ritrovata morta nella sua abitazione in Via Del Riccio, trafitta da 47 coltellate.
Dell’omicidio, fin dalle prime indagini, viene accusato Francesco Canciabilla, giovane allievo dell’Alinovi e più giovane di circa 10 anni. Le testimonianze raccolte, infatti, indicano che Alinovi e Canciabilla si erano incontrati durante quell’afosa mattinata estiva e che, dalle 12:00 e fino alle 18:30 si trovavano insieme presso l’abitazione della vittima.
Francesco Canciabilla era un giovane artista (all’epoca dei fatti ventiquattrenne) le cui capacità erano state notate da Francesca Alinovi durante la frequentazione dei suoi corsi di pittura. La critica d’arte lo prese come suo pupillo, riscontrando in lui delle attitudini ed una creatività peculiari. Tra maestra ed allievo si instaura un rapporto particolare, caratterizzato da assidua frequentazione ed anche da contrasti che, in alcune circostanze, sfociano in litigi piuttosto animati. Il loro rapporto, tuttavia, non ha nulla di fisico. Le informazioni acquisite dagli inquirenti, infatti, acclarano che tra i due non è mai intercorso alcun rapporto sessuale. Per la verità, si appura che l’Alinovi era fisicamente predisposta ed attratta da Canciabilla ma che questi non avesse mai corrisposto i suoi desideri, rifiutando di intrattenere rapporti di natura sessuale. In definitiva, sembra trattarsi di una relazione “sui generis”, dalle connotazioni amichevoli e platoniche ed animata dal comune interesse per l’arte. Alcuni conoscenti ed amici della vittima descrivono Francesco Canciabilla come un ragazzo intemperante e potenzialmente aggressivo. Giudizio, questo, contrastato da altri conoscenti dell’uomo.
Si riscontra che vi è un altro elemento a legare i due amici. L’uso abituale di sostanze stupefacenti. La lettura dei diari personali rinvenuti nell’abitazione di Francesca Alinovi corrobora quest’assunto. La critica d’arte fa espresso riferimento all’assunzione in qualche circostanza, di eroina, cocaina ed hashish (il c.d. spinello). Parimenti, Canciabilla viene riconosciuto quale tossicodipendente ed abituale assuntore di eroina. Le indagini, inoltre, comprovano che lo stesso giorno del delitto, i due hanno assunto una modesta dose di cocaina, residuo di quella utilizzata appena il giorno prima.
LA SCENA DEL DELITTO
Il corpo di Francesca Alinovi viene rinvenuto riverso sul pavimento del piccolo soggiorno, coperto da alcuni cuscini non compressi. E’ trafitto da 47 coltellate, tutte superficiali, tranne due (più profonde ed al collo) che ne hanno determinato la morte. Sul primo cuscino (riposto all’altezza del viso) è stata apposta una rosa plastificata deodorante. Sullo specchio del bagno è individuata una frase scritta in inglese “YOUR NOT ALONE ANY WAY“, piuttosto sgrammaticata, ma il cui significato è traducibile con “Ad ogni modo non sarai mai sola”. Non vi sono particolari tracce di sangue. Le coltellate, infatti, erano state quasi tutte superficiali, tranne due, le uniche che (sulla base delle indagini peritali) determinano la morte per asfissia (conseguente all’addensamento del sangue nella faringe e nei polmoni). Una relativamente estesa chiazza ematica è ritrovata (dopo lo spostamento del cadavere) sotto il capo ed all’altezza del collo (probabile conseguenza della recisione della giugulare). La vittima è vestita, indossa ancora un leggero giubbino, nonostante il caldo estivo. Non sono presenti segni di colluttazione. Alinovi indossa al polso un orologio rolex a movimento automatico (elemento che sarà determinante per la condanna) Altro punto: nell’interruttore della stanza vengono trovate tracce di sangue, come se l’assassino, prima di uscire, avesse spento la luce.
GLI ELEMENTI A CARICO DI FRANCESCO CANCIABILLA
Le indagini, fin dal primo momento si concentrano su Francesco Canciabilla. Questi gli elementi che, secondo gli inquirenti, comproverebbero la sua colpevolezza:
1) Orario della morte: secondo la ricostruzione dell’accusa, Francesca Alinovi è deceduta alle 18.12 ed a quell’ora era in compagnia di Canciabilla;
2) Tormentata relazione tra Canciabilla ed Alinovi: i due avevano una relazione tormentata ed alcuni amici riferirono che Canciabilla l’aveva aggredita e picchiata. Insomma, il movente poteva avere un’origine passionale e risiedere nel carattere aggressivo ed intemperante dell’indagato;
3) Comportamento dell’imputato: destò sospetto che l’indagato, alle ore 19:30, telefonò ad un’amica, riferendole di trovarsi ancora a casa di Francesca e chiedendole di incontrarsi alla stazione ferroviaria. Quella telefonata, secondo gli inquirenti, venne effettuata per depistare le indagini e precostituirsi un alibi.
4) Orologio della vittima: secondo un complesso calcolo (poi, rivelatosi errato) l’orologio automatico al polso della vittima dimostrava che l’omicidio era avvenuto ad un orario in cui l’indagato era ancora a casa dell’Alinovi.
Tutti gli indizi, tuttavia, apparivano ambivalenti. L’orario della morte non era certo e poteva essere spostato anche dopo le 19:30. La relazione tra i due aveva connotazioni platoniche ed anche se Alinovi mostrava particolare attrazione per Canciabilla, non sembrava un buon movente per commettere un omicidio. E’ vero che l’imputato, dopo le 19:30 si incontrò con un’amica (cui aveva precedentemente telefonato) alla stazione ferroviaria, ma è anche vero si presentò composto ed i suoi vestiti non mostravano traccie di sangue (fatto incompatibile con la ricostruzione del delitto). Per quanto riguarda l’orologio automatico, infine, successivi esperimenti accertarono che le sue lancette potevano essersi fermate ad un orario diverso da quello indicato dall’accusa ed incompatibili con la presenza di Canciabilla.
Insomma, un quadro indiziario per nulla chiaro e non sufficiente a condurre ad una condanna oltre ogni ragionevole dubbio. Anzi, molti elementi inducevano a scagionare l’imputato.
Ciancabilla venne assolto in primo grado. La sentenza sarà ribaltata in appello, ove venne riconosciuto colpevole dell’assassinio di Francesca Alinovi. Canciabilla, tra i due gradi di giudizio, fece perdere le sue tracce, tra dubbi ed interrogativi. Si trasferì dapprima in Brasile e quindi Spagna dove fu riconosciuto da un turista italiano mentre esponeva delle sue opere, verso la fine degli anni novanta. Venne estradato in Italia e tradotto in carcere, ma ormai da tempo è uomo libero che ha ricostruito la sua vita.
Nonostante il verdetto dei tribunali, il delitto di Francesca Alinovi, probabilmente, resta senza un colpevole.