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Il Delitto di Forte dei Marmi e la Circe della Versilia

by admin
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LA CIRCE DELLA VERSILIA E L’OMICIDIO DI LUCIANO IACOPI

Maria Luigia Redoli, vistosi occhiali scuri, capelli corti e biondo platino. Ama la bella vita, adora la sua immagine esasperando quel classico narcisismo che sovente incede alla debolezza.

E’ coniugata ad un marito molto più anziano di lei. Si chiama Luciano Iacopi, classe 1936. E’ benestante, seppure aduso ad una vita lontana dall’appariscenza e dalla mondanità. Maria Luigia ama farsi vedere per la strade della Versilia a bordo della costosissima Maserati del marito, che alla moglie non lesina nè soldi nè i formalismi tipici del benessere più ostentato. In casa vivono due figli, Tamara e Diego. La prima ha diciotto anni ed il secondo quattordici. La relazione con Iacopi ha ormai finito il suo ciclo. I due conducono una vita quasi da separati, ciascuno curando i propri interessi. Iacopi intrattiene una relazione con una bella signora di Follonica, conosciuta in una rubrica per cuori solitari. Maria Luigia Redoli va oltre ed inizia a frequentare un giovane carabiniere (Carlo Cappelletti) con cui avvia una equivoca storia sentimentale.

La relazione con il Cappelletti è talmente visibile ed aperta che la Redoli lo presenta ai suoi giovanissimi figli, senza giri di parole e mezze verità. I due, spesso in compagnia dei ragazzi, frequentano locali mondani e discoteche.

Fino alla notte del 16 Luglio del 1989. E’ una serata come tante, che la coppia trascorre tra i bagordi notturni in compagnia dei figli.  Alla fine, alle due di notte, decidono di rientrare a casa, in quella che ancora è la villetta coniugale dei coniugi Redoli-Iacopi. Prima di rientrare erano andati a cena e quindi in discoteca. I figli di Maria Luigia (Tamara e Diego) stanno già dormendo in macchina, mentre l’autovettura giunge dinanzi l’ingresso della villa. La Redoli apre il  garage per parcheggiare l’auto ma scappa via subito, inorridita. Sul pavimento del garage giace il corpo del marito Luciano Iacopi. E’ in canottiera e pantaloni, presenta numerose ferite ed è riverso in un lago di sangue. Cappelletti e la Redoli contattano immediatamente i carabinieri che giungono sul posto per effettuare i primi rilievi.

Luciano Iacopi era un uomo odiato ed aveva molti nemici. Ricco e spietato, proprietario di numerosi appartamenti e probabilmente coinvolto in un giro d’usura. La lista dei sospettati, fin dall’inizio, si presenta alquanto corposa. La Redoli riferisce ai carabinieri che il marito soleva girare con un portafogli ricolmo di denaro. Quel portafoglio manca ed è stato verosimilmente sottratto alla vittima. Potrebbe trattarsi di un ladro occasionale? O la verità è più inquietante di un semplice furto? L’osservazione della Redoli sul portafoglio del marito insospettisce subito gli inquirenti. Come fà la donna a sapere che il portafoglio è stato rubato e conteneva una somma di circa un miline di lire. Iacopi avrebbe anche potuto lasciarlo a casa, dove la Redoli non era ancora entrata. Inoltre, la donna aveva riferito di non essersi neppure avvicinata al cadavere del marito. Molte cose non tornano. Semplici incongruenze?
No. Vi è una circostanza ancora più grave ed indicativa.
Nella villetta vengono trovati due mazzi di chiavi. Il primo riposto nel bauletto del motorino di Iacopi, parcheggiato in un altro garage adiacente l’ingresso principale. Il secondo mazzo di chiavi viene ritrovato all’interno della villa, la cui porta d’ingresso è stata chiusa con quattro mandate. Infine, un terzo mazzo di chiavi è nella disponibilità di Luigia Redoli.
E’ una circostanza determinante per lo sviluppo delle indagini. Se Iacopi è uscito per pochi attimi fuori dall’appartamento (tanto da essere vestito in canottiera), per quale motivo la porta d’ingresso è serrata con alcune mandate? Certo, avrebbe potuto egli stesso chiudere quella porta, ma il primo mazzo di chiavi è custodito nel motorino mentre il secondo è ancora all’interno dell’abitazione. Solo il terzo mazzo di chiavi ha potuto dare quattro mandate alla porta ed è in possesso di Maria Luigia Redoli.
Gli inquirenti avviano un servizio di intercettazione dell’utenza telefonica in uso alla Redoli ed al Cappelletti.
Viene interrogata anche l’amante di Iacopi, con cui l’uomo aveva trascorso parte della giornata a Follonica. La donna afferma che Iacopi le aveva telefonato alle 21:45, comunicandole che era  rientrato a casa e che non aveva intenzione di uscire nuovamente.  La villetta viene perquisita e gli investigatori trovano qualcosa di strano e particolare nella camera della figlia Tamara. Si tratta di una scatola, con all’interno fotografie di Iacopi trafitte da spilloni. Insomma, una sorta di rito vodoo coronato da un appunto su un foglio di carta che annuncia l’imminente morte di qualcuno. La ragazza viene subito interrogata e riferisce che sì è stata lei a scrivere quella frase ma non era diretta a Iacopi. Si trattava solo di un pensiero suggeritole in sogno dalla nonna defunta.  Nega, invece, di avere conficcato gli spilloni sulla foto del padre. Spiega, anche, che Iacopi non era in realtà suo padre, e che tanto lei che Diego erano nati da una precedente relazione della madre con un altro uomo.
I sospetti cadono su Tamara che viene arrestata. Il movente viene individuato nell’odio che la ragazza nutriva nei confronti del suo padrigno.
Le indagini proseguono comunque e si concentrano sulla vita dei due amanti ed, in particolare, sulla figura di Cappelletti. Vengono intercettate alcune telefonate in cui il giovane si vanta della sua proficua conquista, una donna ricca ed in grado di aiutarlo economicamente.  
A questo punto emerge un particolare inquietante. Maria Luigia Redoli discute al telefono con un ignoto interlocutore cui riferisce che loro non c’entrano e chiede delucidazioni su come avere indietro quella roba. Di cosa sta discutendo la Redoli ?
L’anonimo interlocutore viene individuato. Si tratta di un cartomante cui la Redoli si rivolgeva spesso chiedendo filtri amorosi, invocando fatture e malocchio.
Il mago, sentito dagli inquirenti, riferisce che la Redoli era una donna ossessiva ed ossessionate, incline alla malvagità tanto da richiedergli un filtro magico per liberarsi del marito. Successivamente, nel tentativo di liberarsi dalle pressioni della donna, il mago le avrebbe richiesto 30 milioni di lire per assoldare un killer, sicuro che quest’ultima non li avrebbe corrisposti e quindi non più disturbato.
Al contrario, la Redoli gli consegna 15 milioni mentre gli altri 15 li avrebbe consegnati a lavoro finito.
Il mago risulterà poi estraneo all’omicidio. Per questo motivo, la Redoli (secondo gli inquirenti) nel corso della telefonata intercettata, essendo sicura di essere stata lei l’autrice del delitto, avrebbe richiesto al cartomante la restituzione della somma già consegnata.
Insomma, il quadro indiziario, a questo punto, si fa più preciso.
Vengono effettuati dei rilievi tecnici per verificare il tragitto seguito dai due amanti e la relativa tempistica. Si riscontra che, finito di cenare,  intorno alle 21:30, i quattro si dirigono verso una discoteca di Viareggio dove arrivano poco dopo  le 22:00. Pertanto, circa mezz’ora di strada, durante la quale la macchina poteva avere fatto transito nella villetta.
L’ipotesi investigativa è che la Redoli e Cappelletti, rientrando dal ristorante e prima di giungere in discoteca, si siano recati alla villa dove si trovava Iacopi. Maria Luigia, con una scusa, lo avrebbe attirato in garage dove Cappelletti lo avrebbe ucciso. Infine, si sarebbero recati alla Bussola per completare la serata e costruirsi un alibi.
Ma vi è un buco di difficile lettura. Cappelletti, in quel periodo, portava il gesso al braccio a seguito di un incidente. Come poteva avere ucciso Iacopi con diverse coltellate? Inoltre, l’esame del gesso non dimostra alcuna traccia biologica o di sangue.
Il processo di primo grado inizia nel 1990 e si conclude con l’assoluzione degli imputati.
Nel 1991, si apre il processo in Appello. Non vi sono nuove prove nè elementi nuovi. I giudici ribaltano la sentenza e condannano Redoli e Cappelletti alla pena dell’ergastolo, assolvendo soltanto la figlia Tamara.
Dopo sette mesi arriva la conferma della Corte di Cassazione. La pena deve essere eseguita.
Carlo Cappelletti e Maria Luigia Redoli attendono l’esito della Cassazione in una proprietà del defunto Iacopi. Fuori dalla porta una pletora di giornalisti, reporter e curiosi. Quando la Cassazione conferma la condanna, Carlo Cappelletti, in un momento di follia, sottrae la pistola ad un carabiniere, spara due colpi e si lancia dalla finestra. Sono momenti tristi e concitati. Ma, ormai, tutto è finito. E’ il mese di Settembre del 1991.
Nel periodo di detenzione, Maria Luigia ha cominciato a lavorare come volontaria in varie strutture per disabili, senza mai smettere di protestare la sua innocenza. I suoi appelli sono caduti nel vuoto. Anche i suoi figli non la cercano più da anni ed anzi, si sono recentemente schierati contro la richiesta di grazia per la madre, che non vogliono più sentire.
Ad occuparsi nuovamente di questo caso  è stato il noto giornalista Mario Spezi, noto anche per le sue inchieste sul Mostro di Firenze. Nel suo Nel buio di una notte di Luglio, Spezi dà vita ad una docu-novel che ripercorre la vicenda, le indagini e le loro pecche e dà voce alla ormai ex Circe, che con le sue parole sembra gettare un’ombra sulla figlia.
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